Non è bastato condurre il Palermo alla vittoria del primo campionato dopo la rinascita delle Aquile. Non è stato sufficiente riportare i rosanero tra i Professionisti al primo colpo, dopo aver dominato una stagione dall’inizio alla fine, seppur anticipata. Per Mister Rosario Pergolizzi si è ufficialmente chiusa la seconda personale parentesi sulla panchina del Palermo. Un addio “annunciato”, con il tecnico siciliano che non è riuscito a fare breccia nel cuore dei tifosi e non ha convinto la dirigenza a tal punto da andare incontro ad una riconferma che, per altri versi, poteva sembrare scontata.
E’ mancato sempre quel “quid” per farsi amare e apprezzare appieno da tutto l’ambiente, anche se è molto difficile capire cosa esattamente abbia impedito che ciò avvenisse.
Un addio amaro tra il tecnico e il Palermo. All’uomo Pergolizzi non sono evidentemente andate giù determinate dinamiche e le pressioni della gran parte della tifoseria, che premeva da tempo per un cambio di rotta in panchina. Pressioni che la Società ha evidentemente ritenuto di assecondare, congedandosi dal proprio allenatore. Quest’ultimo ha confidato di aver capito già a febbraio che non sarebbe andato incontro ad una riconferma e ne ha avuto la certezza assoluta qualche settimana addietro, nel momento in cui, la dirigenza rosanero, lo ha invitato a non presentarsi alla riapertura del “Barbera” per assistere e dirigere le sedute individuali di allenamento, ritenendo sufficiente la presenza del preparatore atletico e dello staff sanitario.
All’interno di una lunga e significativa intervista rilasciata ai colleghi de “Corriere dello Sport“, il 51enne tecnico panormita ha affrontato molteplici tematiche, aprendosi a considerazioni emblematiche proprio riguardo al rapporto con il Club, i tifosi e i suoi giocatori.
Di seguito, si riportano fedelmente le dichiarazioni rilasciate da Rosario Pergolizzi a “Corriere dello Sport“.
“Sarei rimasto molto volentieri al mio posto. A Palermo, c’è il mio cuore, ma ora si vuole un allenatore più esperto. La piazza lo chiedeva e l’ha fatto capire. Si cerca un nome più importante e con un passato diverso dal mio. Però, non è detto che un “nome” vinca di sicuro.
Una volta saputo della mia partenza, alcuni dei miei ragazzi hanno pianto. Nel tragitto in macchina da Palermo ad Ascoli, ho ricevuto una decina di telefonate: da Ricciardo a Lancini, passando per Pelagotti e Martinelli fino ad arrivare a Floriano e diversi altri. Quando ti chiamano i “grandi” significa che hai lasciato qualcosa di buono nella loro testa. Ho allenato una squadra di persone vere, questo è certo.
Se mi aspettavo un finale del genere? Fino a gennaio no, da febbraio invece, quando è venuto fuori il fatto che non sapessi “comunicare”, ho capito che non sarei stato più l’allenatore del Palermo.
La scorsa estate arrivai con enorme entusiasmo e ora sono ripartito sereno, consapevole di aver centrato l’obiettivo, con l’aiuto dei giocatori e della Società, che mi ha messo a disposizione tutto il necessario. Non era facile, ecco perché la definisco un’impresa.
Non cercavo rivincite, il mio compito è quello di tirare dritto. Non ho vinto da solo ma con i miei, e sottolineo “miei”, giocatori e con la Società.
Richieste di altri Club? Forse… Adesso mi dedicherò alla famiglia e ricorderò le cose migliori di una cavalcata fantastica, oltre alle tante belle persone che ho incontrato sino ad oggi. Molte altre cose e situazioni le cancellerò”.